Perché il B2B punta sempre più sull’entertainment

C’era una volta il settore B2B, serio, rigoroso, mai fuori dalle righe, metodico e quadrato, lasciava poco spazio alle emozioni: una volta forse, perchè i tempi stanno cambiando e oggi anche un’azienda metalmeccanica, che si presuppone essere molto tecnica, racconta la propria storia come fosse una serie crime!

Chi l’avrebbe mai detto che un’azienda così impostata e fondata su tecnicismi finisse per raccontarsi dando spazio alle emozioni e alla creatività? Ebbene sì, il confine tra intrattenimento, divertimento e contenuto aziendale è sempre più labile e il segmento B2B non è solo affari, business, ma un pubblico con gusti, sentimenti, caratteri e personalità. Emozioni, ancora una volta entra in gioco l’emotività e la capacità di incuriosirsi e sentire, percepire, sorprendersi e affezionarsi. Come ci leghiamo a una soap opera, a un romanzo a puntate, proviamo un sentimento di vicinanza anche verso una storia che ci appassiona, che può essere il trascorso, lo storico di un’azienda metalmeccanica. Attraverso il potere della narrazione, il tanto caro storytelling che genera emozioni, i contenuti si fanno seriali, un racconto con un capo e una coda con suspence, colpi di scena a effetto sorpresa, flashback e salti temporali. Ma perchè questo succede proprio nel settore B2B?

Il cambiamento nei pubblici B2B

Whitepaper autorevoli e informativi, video-aziendali, e-book che presentano e raccontano l’azienda, tutti questi sono strumenti educativi che non sono solamente marketing, ma servono a posizionare la ditta come leader nel suo settore, a generare lead qualificati e veicolare how-know, metodo e conoscenza. Si tratta di contenuti narrativi che raccontano una storia, una vicenda, intrattengono il cliente e vogliono esprimere interesse e fiducia.

Perché si è giunti ad adottare queste tecniche narrative anche in un segmento più inquadrato come il B2B? Semplice, perché gli stessi dirigenti d’azienda sono immersi nel virtuale, nel digitale e nel multimediale di social come Instagram, Youtube e Tik Tok; l’età di chi prende le decisioni nelle aziende si sta abbassando sempre di più, la soglia di chi prende responsabilità e cura la comunicazione strategia sta scendendo fino ad abbracciare i Millenials e addirittura la Gen Zed. I cosiddetti decision maker non sono più i cosiddetti baroni vetusti di un tempo, ma giovani dinamici e ambiziosi, con tanta voglia di arrivare ma soprattutto di raccontare e raccontarsi! Basti pensare a un giovane manager, a una social media manager rampante solo per fare un semplice esempio: quanta è vivida in queste due figure la voglia, il desiderio di far sapere agli altri quanto sono costati successo e carriera? E questa voglia di raccontare si riflette sui contenuti aziendali che non sono più i classici documenti di una volta ma si sono caricati di aspetti emotivi, emozionali e il meccanismo è  come quello degli storytelling che generano pathos e intrattengono. 

In poche parole, se un contenuto aziendale non diverte, non intrattiene, non funziona. Se non arriva, è fuori!In pratica, anche i contenuti aziendali si stanno trasformando verso una sempre più personalizzazione e spettacolarizzazione, in linea con i fenomeni più attuali che mirano alla condivisione e alla vetrina. Questo non significa assolutamente che il settore B2B abbia smesso di informare, educare e mostrarsi autorevole, solo che ha cambiato il modo di farlo e soprattutto gli strumenti. Oggi anche questo campo, un tempo serio e rigoroso, si adatta alla cultura visual contemporanea, veicolando lo stesso messaggio ma con una veste più fresca, dinamica. Il contenuto rimane ma cambia forma, ritmo e tone of voice. 

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Serialità, emozione e storytelling applicati al B2B

Il B2B si avvicina sempre più all’intrattenimento, allo spettacolo, con una spiccata nota verso quel voyeurismo che sta alla base dei social media: anche i contenuti più tecnici, educativi e istituzionali si adattano a questo changing e cambiano forma, assumendo i tratti di storytelling che creano interesse e suspence. Pensiamo, ad esempio, alle docu-serie aziendali che raccontano il trascorso dell’azienda, pubblicate in più episodi per stimolare la curiosità dello spettatore: si tratta di format continuativi che generano interesse e allo stesso tempo toccano dal punto di vista emotivo. Queste strategie comunicative, con cui l’azienda si presenta e mostra il proprio identikit, spaziano dalle interviste trasformate in mini-serie (spesso con risvolti crime e noir) fino alle FAQ animate con gadget e widget dal forte impatto visivo. 

Ancora una volta entrano in gioco le emozioni e la capacità di intrattenere il pubblico, l’audience, con strategie vincenti che vanno a stimolare direttamente la sfera emotiva. Ricordiamoci sempre la mission iniziale: anche un documento formale, tecnico, istituzionale, deve arrivare allo spettatore, deve coinvolgere e creare engagement. Per questo motivo il settore B2B utilizza le strategie più care al mondo dello storytelling e della narrazione, a partire dal teaser per generare curiosità, dal cliffhanger per bloccare sul più bello e creare suspence, attesa, trepidazione. Mediante sceneggiature ben pensate è possibile intrattenere con più risultati, sfruttando il magico potere dei voice-over emotivi con voci calde e seducenti. Si adotta un modo nuovo di raccontare, di narrare, come se ci trovassimo davanti a una favola: questo accade anche in un settore come il B2B, in tempo così serioso e vetusto! Attraverso la cosiddetta narrazione circolare che riproduce i contesti da fiaba, in cui tutto si riconcilia dopo una serie di contrasti e vicissitudini, l’azienda acquista credibilità e si colloca come leader nel settore. Per concludere, l’emotività e i contenuti emozionali non vanno a screditare l’azienda, non fanno altro che aumentare brand awareness e reputation, facendola sentire più vicina. 

Dal contenuto alla cultura: perché l’entertainment è una strategia, non una moda

Per fare un punto della situazione, l’entertainment e la spettacolarizzazione nel B2B non sono un fenomeno passeggero, ma dimostrano un vero e proprio cambio di rotta nella comunicazione aziendale. Raccontarsi con contenuti emozionali fidelizza e crea lead generation, aumentando la fiducia e la credibilità dell’azienda, ma non solo; parlare di sé, magari in prima persona, consente al brand di collocarsi come thought leader, come un vero e proprio guru del suo settore, con un linguaggio accessibile, facile e che arriva a tutti. In questo c’era una volta fatto di white paper e opuscoli informativi, documentari travestiti da serie-crime non può mancare la tecnica narrativa della serialità, assieme al tone of voice ideale, a salti temporali e colpi di scena: tutto questo consolida la fiducia e l’affezione, tutto quello che serve al B2B per durare nel tempo. L’emotività, quindi, si rivela essere sempre la chiave del successo, quella magia dell’empatia che fa la differenza in qualsiasi campo.

Per riassumere, è necessario che un contenuto, anche quello più formale e istituzionale, diventi esperienza e possa essere percepito dallo spettatore. Raccontandosi e condividendo il proprio vissuto, un trascorso e un passato, l’azienda smette di dare spiegazioni, fredde e distanti, e comincia a farsi ricordare in un modo del tutto spontaneo e naturale. Questa è la vera, unica missione del B2B dei giorni d’oggi, che si può conquistare rivolgendosi a un’agenzia che sappia fondere narrazione, branding e media strategy in un unico grande progetto, coniugando emozioni, personalità, memoria e risultati concreti.  Oggi chi lavora nel B2B lo sa bene: comunicare non è più una questione di immagine o etichetta, è una visione più globale sul mondo. E comunicare bene non significa solamente intrattenere e creare gioco, ma lasciare un’impronta, una traccia. Farsi ricordare con estrema naturalezza, senza forzature, con contenuti aziendali che diventano familiari.

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