Biophilic Design: come integrare la natura negli spazi di lusso
Biophilic Design: come integrare la natura negli spazi di lusso Il termine “Biofilia”, derivato dalla
Il cibo, un elemento indispensabile non solo per rispondere ad un bisogno alimentare fisiologico, ma anche un aspetto gratificare in grado di sollecitare tutta la nostra sensorialità: gusto, olfatto, tatto. Nel cibo convergono quindi più aspetti e più significati e il consumatore odierno infatti non è il “semplice acquirente” di alimenti, ma un co-protagonista che va alla ricerca di una nota narrativa, di un elemento che crea emozionalità attraverso anche il più banale degli ingredienti, e che vuole sentirsi coinvolto in questo racconto. Sebbene fino ad oggi il settore alimentare abbia sempre goduto di una certa autonomia nelle strategie di marketing, data la sua natura ubiquitaria e vitale per l’esistenza umana, oggi sono completamente cambiate anche le modalità di approccio al cibo da parte dei consumatori e le aziende del food and beverage sempre più devono intercettare elementi distintivi, bisogni e possibilità comunicative, in grado di creare valore per il proprio marchio. In questo contesto così saturo di segni e simboli e parecchi clichè, rivolgersi ad una agenzia food marketing potrebbe rivelarsi un’ottima strategia, soprattutto se la medesima conosce e sa rendere produttiva una intelligente partnership con i food blogger, figure altamente influenti che in fatto di cibo dettano, attraverso una comunicazione spesso autorevole e carismatica, nuovi parametri di valutazione e scelta per il consumatore. Con un occhio critico e analitico esaminiamo allora in questo nostro blog vari aspetti di questa interessante simbiosi tra food blogging e marketing alimentare, un vero e proprio laboratorio in cui la teoria del marketing incontra e si adatta alle esigenze di un consumatore sempre più informato, critico e selettivo.
lI food blogger altro non sono che “creatori digitali” di contenuti che hanno come tema il cibo… che si tratti di un ingrediente, di un sofisticato piatto stellato, un ristorante o il lancio di un nuovo prodotto, godono di fortissima credibilità e, attraverso un attento lavoro di storytelling e di cura estetica, veicolano messaggi, all’interno di blog personali o terzi, che vanno ben oltre la semplice presentazione di un piatto o di un prodotto alimentare. Essi infatti intrattengono una sorta di dialogo simbiotico con le loro audience e followers, creando un’identità brandizzata che diviene un vero e proprio punto di riferimento nel settore. Dotati di un’autorità non solo autoproclamata, ma consolidata attraverso metriche quali il tasso di engagement e il numero di follower, il loro ruolo è un po’ quello che possiamo definire da “divulgatori di opinioni“, catalizzatori di bisogni, influenzando per l’appunto l’opinione pubblica, descrivendo caratteristiche (spesso soggettive) che accrescono desiderabilità e appeal di un prodotto e quindi del brand che ci sta dietro. In tal modo, i food blogger non si limitano a riflettere la cultura alimentare esistente, ma contribuiscono attivamente alla sua modellazione, entrando quindi “prepotentemente” a governare e gestire le scelte di assortimento dei rivenditori, la collocazione in bella mostra sugli scaffali dei supermercati e la condivisione di quel prodotto sulle tavole di milioni di consumatori.
I loro interventi sotto forma di contenuti sulle piattaforme più rinomate online: dai social media, ai siti tematici con spazi quali blog, fino alle app per la prenotazione dei locali, creano una narrativa che fonde l’aspetto editoriale con quello commerciale, contribuendo in modo determinante alla costruzione di approcci e tendenze, e in grado di generare un impatto immediato sulle vendite di un prodotto o sulla reputazione di un Brand. Da qui si comprende bene come il fenomeno non possa venire ignorato ma diventi addirittura opportuno, soprattutto per tutte le aziende del settore alimentare e al di là della propria dimensione! I food blogger sono indubbiamente prescrittori di esigenze e artefici di un dialogo continuo, e di una relazione nuova tra aziende e consumatori, sempre più connessi, informati e autonomi all’interno di un mercato sempre più caratterizzato da flussi informativi decentralizzati.
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Facebook, Instagram, TikTok, solo per citarne i più popolati della pervasività digitale, ma il mondo dei Social Media non si esaurisce solo con questi network e ha prestato non pochi spazi all’operato dei food blogger, tanto da suscitare l’attenzione e le aspettative della aziende del settore, sempre più inclini alla collaborazione con questi “influenzatori” per le proprie strategie di brand positioning. Il ruolo dei social media, soprattutto nel determinare i canoni del nostro rapporto con il cibo e nel plasmare le scelte alimentari, è divenuto talmente predominante che essi sono ormai considerati fonte primaria attendibile di informazione per una vasta gamma di contenuti e utenti: basta guardare la grande quantità di ricette condivise e valutate, le recensioni e gli apprezzamenti dati a locali e ristoranti, passando per tutorial e consigli su come fare l’impiattamento perfetto o l’abbinamento più gourmet tra cibi e bevande!
I social media agiscono come amplificatori di tendenze, ma anche come strumenti di legittimazione dell’autorità trasformando anche il più banale dei piatti in un’icona di gusto e desiderabilità. All’interno di questi “mondi virtuali” anche lo chef dilettante può diventare un eccelso critico gastronomico apprezzato, rispettato, seguito. La facile fruibilità dei Social e dei loro tool permette infatti una velocissima viralità delle informazioni, in grado di generare un istantaneo scambio di feedback e meccanismi di validazione sociale mai visti prima e in grado di accrescere (o distruggere) la reputazione di un marchio. E qui i food influencer incarnano alla perfezione questa simbiosi tra mondo del cibo e social media, agendo come intermediari tra le aziende e i consumatori, e contribuiscono significativamente alla percezione di un brand o di un prodotto, fungendo da cassa di risonanza e amplificatori o inibitori di desideri e intenzioni d’acquisto.
Ma non solo, perché, sfruttando l’engagement delle piattaforme, si fanno fautori di contenuti “ad alto potere di condivisione” e instaurando un discorso ampio che ingloba temi come la sostenibilità, la salute e l’identità culturale. Non solo cibo quindi. Parlando di Social Media, ovviamente, non stiamo parlando di una semplice “estensione del mercato”, ma di una rivoluzione epistemologica che cambia il modo in cui il cibo è percepito, valutato e, infine per ultimo, consumato. Chi si occupa di food marketing per le aziende del settore alimentare deve per forza di cose comprendere le dinamiche e le logiche sottese all’ambiente dei social media e dei food, avvalendosi di metriche in grado di decodificare e cogliere i mood e il sentiment predominante, così da individuare gusti ed esigenze di un pubblico sempre più variegato e imprevedibile.
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