Perché è importante valorizzare la pubblicità con figure retoriche?

Chi si occupa di comunicazione e scrittura per il marketing ad alti livelli professionali, come le agenzie di comunicazione che lavorano in pubblicità, sa bene la valenza e la portata delle figure retoriche nel linguaggio degli spot, dove l’urgenza primaria (in pochissimi secondi per altro) è quella di catturare l’attenzione dello spettatore, sollecitandolo direttamente, meglio se sulla sfera emotiva, emozionale. Bisogna essere rapidi, fulminei. Per arrivare diritti al punto, quindi, è necessario utilizzare una scrittura il più possibile creativa, ricca di immagini e, per l’appunto, con figure retoriche, che non sono altro se non soluzioni fantasiose, in grado di traghettare  dall’ambito letterario per planare sui fotogrammi di una pubblicità, con la volontà di fare una scrittura intelligente, smart, acuta e, perché no anche ironica, evocando ulteriori immagini, ricordi, memorie, immaginari, in un’unica parola, emozioni. Tra le figure retoriche, che si inseriscono nell’arte del retore e della retorica, del saper parlare, possiamo trovare, ad esempio, la metafora, l’allitterazione, il chiasmo, l’iperbole e moltissime altre ancora, che andremo a snocciolare in questa breve guida sul tema. Un viaggio tra veri e propri incantesimi della parola, artifici che amplificano il potere comunicativo della scrittura e stimolano la capacità persuasiva di qualunque contenuto scritto, visivo o multimediale che mira al settore dell’advertising.

La potenza delle parole: figure retoriche come strumento di persuasione

Si chiamano figure non a caso, ma perché sono una fucina di creatività, un pentole in cui ribolle la fantasia, in cui ogni ingrediente non è versato a caso, ma serve a creare un’immagine, a definire un significato con un significante, come ci insegna l’abile disciplina della semiotica. Le figure retoriche, come la metafora e la sineddoche, sono incantesimi della parola che generano connessioni, stretti legami con lo spettatore e con chi legge, sono in grado di trasformare, di tramutare un messaggio pubblicitario in uno storytelling, in una narrazione, in una storia, o in una vicenda interessante e coinvolgente. Le figure retoriche creano sinergia con lo spettatore, generano sintonia, un corto circuito che emoziona e colpisce: il risultato è l’obiettivo che si prefigge qualsiasi buon pubblicitario, rimanere impresso con un messaggio veicolato ad arte, che scuota e che rimanga ben impresso nel consumatore!

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Perché utilizzare le figure retoriche in pubblicità

Scrivere e catturare l’attenzione del lettore con un abile uso delle metafore significa esprimere concetti attraverso immagini immediatamente codificabili e decifrabili da chi legge, che non solo informano ma divertono durante la lettura. Nel particolare, le metafore che abbiamo utilizzato sostituiscono un termine proprio con un’immagine figurata, un significato con un significante spesso distante ma strettamente connesso perché presente in un altro emisfero, in un’altra ottica.

La metafora funziona come una
trasposizione di immagini: il mare mugola, le spighe ondeggiano come fossero i flutti del mare, le stelle danzano come fossero ballerine alla Scala di Milano. Le figure retoriche saldano il messaggio del brand e la sua memoria nel tempo, si ricordano facilmente, aumentano brand reputation e awareness creando immagini facilmente riconducibili a un’emozione.

Ma scopriamo, oltre alle metafore, (tra le più famose,
Muller, fate l’amore con il sapore) altre figure retoriche interessanti che sono state applicate nel mondo della pubblicità con successo e che a seguire vi riportiamo a mo’ di elenco con la propria definizione e un esempio relativo:

1. Allitterazione
, ripetizione di consonanti più o meno ricercata o casuale, con un uso sapiente delle sillabe ripetute. Celebre il famoso spot della birra Ceres, C’è.
2. Anafora, la ripetizione in linea dello stesso concetto per rinforzarlo, come nel celebre slogan del caffè Lavazza, più lo mandi giù e più ti tira su.
3. Anadiplosi, la ripetizione della stessa parola di seguito, come nello spot del panettone Motta, Il Natale, quando arriva arriva
4. Climax, un crescendo nell’intensità del concetto, come nello spot dell’acqua naturale Altissima, Purissima, Levissima.
5. Iperbole, che porta all’eccesso il concetto, come nel famoso slogan del detersivo Dixan, più bianco non si può!
6. Ossimoro, la figura retorica che utilizza due concetti contrari per consolidare il concetto, come lo slogan della Fiat, di qualche anno fa, che citava Prendetevela comoda, ma fate in fretta!
7. Onomatopea, che utilizza suoni, rumori o addirittura melodie associate al concetto che si vuole esprimere, come se la scrittura potesse essere udibile. Si va ad attivare qui il piano sensoriale uditivo, come in uno slogan degli anni Ottanta che è diventato iconico e che enfatizza con l’onomatopea la sensazione di freschezza evocata dal celebre amaro di fine pasto: Brrrrrr, Brancamenta!

Sono molte altre le figure retoriche utilizzate in pubblicità, utilissime per uscire dalla cosiddetta saturazione nel campo del marketing, dove la mission è diventare immediatamente riconoscibili, concorrenziali e competitivi, con un’offerta il più possibile originale e differenziata. 

Tra domande retoriche, come Che mondo sarebbe senza la Nutella, o personificazioni, come Geox, la scarpa che respira, le figure retoriche sono soluzioni divertenti che svolgono un ruolo creativo all’interno della scrittura, stimolando il fattore ludico che è dentro di noi: giocando, s’impara… è proprio vero! 

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